domenica 18 giugno 2017

L’abbandono è rinnegare l’amore

Oltre la vita, quando un amico a 4 zampe ti lascia per sempre,
Acrilico su tela, Flavio Lappo, 2012


Ogni giorno guardo negli occhi la mia cagnolina e con la pena nel cuore penso come sia possibile avere il coraggio di aprire una portiera e lasciare per sempre al suo destino un animale che fino ad un secondo prima è stato in famiglia. Davvero non mi capacito anche se con tutta la forza di concentrazione che mi appartiene ho cercato di capire. Proprio non ci riesco! Vorrei scrivere molti più appelli contro l’abbandono ma mi trattengo anche perché sono stufa di udire sempre le solite contestazioni tipo:” Con tutti i bambini abbandonati, sfruttati, seviziati, stai a pensare ai cani e ai gatti”. Prima di tutto non è scontato che io non mi occupi di altro, soltanto non mi piace mettere in piazza le buone azioni e poi il fatto che tanti bambini versino in cattive e talvolta pessime condizioni non elimina la violenza sugli animali. Questo discorso non vorrei farlo più, invece mi piacerebbe che tutti uniti si potesse combattere contro ogni forma di discriminazione e violenza senza distinguere tra uomini e animali. Tempo fa dissi pubblicamente che si potrebbe smettere di regalare il cucciolo a Natale per far comprendere che il cane non è un oggetto da donare, ma un essere vivente che non andrebbe mercificato. Tanto per incominciare non sarebbe male, che ne dite? Eppure mi hanno detto con un tono canzonatorio che parlavo per paradossi. Ho incassato l’accusa e continuo a lottare per la parità. L’abbandono è rinnegare l’amore, un sacrilegio!


Maria Giovanna Farina   ©Riproduzione riservata

giovedì 25 maggio 2017

Non dimenticarmi



Invito ad un impegno


Sospesi nel nulla, Flavio Lappo, disegno a matita, 2015

Ci sono persone che lasciandoti ti invitano ad un impegno costante e duraturo dicendo:
 - Non dimenticarmi -
E noi: - Vorrei prendere in autonomia questa importante decisione –
Non è solo la nostra semplice affermazione ma una presa di posizione, vale a dire la risposta che dovremmo dare al nostro “programmatore di futuro”. D'accordo che è gratificante sapere che qualcuno ti pensa, ma se vuoi che non ti dimentichi stai qui così non dovrò fare tanta inutile fatica. Ci sono persone che lasciandoti, magari in quel momento devono fare altro, come un viaggio di lavoro, non sanno bene quando torneranno, ma vogliono tenerti alla catena per mantenere il controllo su di te. Non si sognano nemmeno per un istante di proporti di andare anche tu dove stanno andando perché sono così altruisti da non volerti stravolgere la vita... Purtroppo spesso non facciamo caso al vero significato delle parole e cadiamo in gabbie romantiche dove l'altro ha la chiave e noi siamo la serratura, l'altro in questi casi non è detto che sia quasi sempre un uomo: anche la donna sa bene darsi da fare. Se pensassimo attentamente ad una simile proposta per il nostro futuro, comprenderemmo come sia identica a quella fatta a Penelope che attese pazientemente Ulisse. Un Ulisse, il nostro, che non sappiamo se poi ritornerà alla sua capanna vincitore. Per non cadere in queste trappole è bene organizzare il nostro futuro lontano dal tempo di una costante e imprevedibile attesa. E se è vero che l'amore contempla l'attesa come momento che precede l'unione, è anche reale fuggire se attendere diventa una modalità esclusiva della relazione.

Maria Giovanna Farina   ©Riproduzione riservata

domenica 14 maggio 2017

Anima rubata o persa?


Una riflessione ironica per prendere le distanze da certe brutte avventure...

Flavio Lappo, Anima imprigionata, acrilico su tela, 2012


Mi hai rubato l'anima” è un'affermazione che a prima vista fa bene, la considerazione di sé vola al massimo dell'altitudine consentita. “Caspita, gli ho rubato l'anima, sono una persona fuori dal comune e molto fortunata!” Poi capisci quanto sia impegnativa una simile sottrazione di sostanza volatile; sì, perché l'anima vola, non è stabile e necessita di cura, nutrimento, attenzione... tutto ciò che è utile per vivere nel modo migliore. E noi abbiamo voglia di un simile e oneroso impegno? Siamo pronti per dedicarci alla nuova missione? L'altro ci ha trasformato in ladri e, seppur per amore, siamo diventati dei fuori legge e forse per questo temiamo qualche ritorsione. Così ci predisponiamo alla nostra missione di moderne divinità dell'Olimpo e sull'altare dell'amore nutriamo in eterno l'anima rubata. Ma c'è il caso in cui l'altro ci racconta che ha perso l'anima, che le tante delusioni di questa vita matrigna l'hanno condotto ad una disperata ricerca di qualcuno da amare per essere riamato. Per non soffrire più, per trovare rifugio e dare rifugio. Insomma ti fa una testa così piena di lamenti uniti a buoni propositi seppur un po' troppo vittimistici: forse dovremmo fuggire per non trasformarci in una custodia per anime perse. Perché se cedi alla prima dichiarazione poi le altre le attirerai come lo zucchero sa agganciare le vespe. Insomma, diventerai una crocerossina o un barelliere per anime perdute o presunte tali.

Maria Giovanna Farina   ©Riproduzione riservata


mercoledì 12 aprile 2017

Il duplice volto della passione


La passione, un termine che mostra tutta la forza di chi ama, si dirige ovunque ci sia amore per qualcuno o per qualcosa. La passione per una donna, un uomo, un lavoro, una materia, un figlio, uno stile di abbigliamento… potremmo fare un elenco interminabile. Chi studia l’amore non può fermarsi ad una sola forma di passione ma deve, come ci ha insegnato Platone, contemplare e ricercare ogni forma di amore e, aggiungo io, di passione che pervade l’oggetto d’amore. Ma la passione è anche quella del Cristo sul Golgota, una passione, la sua, che è sinonimo di morte imminente dopo sofferenze indicibili. La passione è dunque anche sofferenza fisica e spirituale. Che differenza passa tra le due passioni di cui sto argomentando? Se pur differenti e dominate da opposte pulsioni (vita e morte), hanno in comune una forza, una potenza che fa di esse due compagne di strada. Non fu l’amore a fare di Cristo un martire salvatore dell’umanità ferita dal male? Al di là dell’implicazione religiosa, del Suo messaggio, c’è passione, punto di potente incontro tra bene e male dove il bene trionfa con la passione del sacrificio. Nelle altre occasioni la passione regolata dall’amore investe con forza il proprio oggetto, lo ama tanto da soffrire la sua mancanza; la passione esce a volte come una potente carica quasi pericolosa e per questa ragione si intreccia con la violenza e la morte. La passione troppo forte e incontrollata può condurre al rischio di autodistruggersi, pensiamo alla passione dei base jumper che si lanciano con la tuta alare, sport estremo che può condurre alla morte.
Resta il fatto che quando qualcuno e o qualcosa ci appassiona siamo mossi da una molla che tende ad espanderci, per questa ragione è bene mettere in primo piano il significato vitale di questa parola capace di non farci soccombere a pericolosi stati depressivi. Impariamo quindi a riconoscere le nostre passioni per non caderne vittime, bensì per farne il motore della vita.
Maria Giovanna Farina   ©Riproduzione riservata

sabato 11 marzo 2017

Siamo ai ferri corti


Quando le parole nascondono la violenza




Siamo ai ferri corti” è un modo di dire che si perde nel passato e si riferisce alla lotta, al duello: quando le armi lunghe non hanno più efficienza si passa ai coltelli e ai pugnali con la certezza di concludere la faccenda. Di far fuori il nemico. È vero, oggi pronunciando questa frase intendiamo solo dire che siamo in cammino verso la fine di un rapporto, ma purtroppo senza riflettere ci serviamo di un gergo molto violento che si riferisce al sangue e alla morte. Usiamo questo modo di dire per tutti i rapporti, ma nella maggior parte dei casi per una relazione sentimentale. Quante volte l'ho udito, quel Siamo ai ferri corti per intendere che quei due, quella coppia lì, è alla fine di un'amore. Si detestano, litigano, si rinfacciano il passato... per fortuna spesso finisce tutto con le carte bollate ed un avvocato divorzista che decreta la fine dell'unione. Il linguaggio, come veicolo e rappresentativo culturale di un popolo ha un'importanza considerevole, dice chi siamo, da dove veniamo, quale educazione abbiamo ricevuto. Ma il linguaggio è costituito anche da consuetudini, da modi di dire che ci trasciniamo senza pensare al loro vero significato. Essere ai ferri corti è un modo di dire violento che diffonde la violenza come modalità relazionale e per questa ragione dobbiamo eliminarlo dal nostro patrimonio espressivo verbale. Le parole aiutano nel lavoro deleterio di anestetizzare, di rendere insensibili ai gesti peggiori: per questa ragione cestinare è la parola d'ordine. Per non cedere nemmeno col pensiero a parole sanguinarie modi di dire come Siamo ai ferri corti” devo cadere nell'oblio.


Maria Giovanna Farina ©Riproduzione riservata

domenica 26 febbraio 2017

Quando una donna è madre

L’amore materno è diverso da quello per un uomo


La madre, acrilico su tela di Flavio Lappo




L’amore materno, quello del rapporto madre-bambino, è considerato uno dei più intensi che una donna possa provare: le madri affermano di essere disposte a morire per il proprio figlio. Quando una donna diventa madre normalmente, sottolineo normalmente per via delle dovute eccezioni, mette al primo posto l’esserino che ha partorito e nelle prime fasi della crescita il padre, nonché compagno di vita, scende nella scala delle priorità, a volte anche estromesso in modo permanente. Ciò spiega il valore e la forza di una madre, del suo infinito amore, del suo darsi senza condizioni. Una madre ama e si adopera senza nulla chiedere in cambio, credo sia questa la definizione più calzante per definire una femmina madre. Ho parlato con tante mamme e questa affermazione l’hanno avvertita come vera, emozionante e calzante come poche altre. La biologia supporta questa “missione”, c’è qualcosa di naturale e legato alla sopravvivenza nell’accudimento, ma la ragione e il sentimento umano vanno oltre e sono capaci di mostrarci la differenza. Quando una donna ama un uomo può giungere ad annichilirsi, a prostrarsi, a donarsi fino a rinnegare se stessa, ma un amore di questo tipo è squilibrato e rimanda ad una bassa considerazione di sé. Se la stessa situazione la riportiamo al suo rapporto con il figlio, ci accorgiamo che diventa normale. Ciò ci può far immediatamente cogliere un’importante prima e prioritaria differenza con l’amore erotico: la dedizione totale, sana e naturale, oltre se stessi.


Maria Giovanna Farina ©Riproduzione riservata