venerdì 15 febbraio 2019

Quando l'amore non è corrisposto


Fotografia di Roberto Passeri

Capita di innamorarsi di una persona che non ricambia il nostro sentimento. Una situazione dolorosa a cui Renato Zero sa dare consolazione.
Chissà a quanti sarà capitato di innamorarsi senza essere ricambiati e di vivere tutta la bellezza di un sentimento che purtroppo però rimane deluso. È terribile il dolore che si prova: “Quanto lo amo”, ci si trova a dire, ma lui non ci ama, questa è la realtà da accogliere. E allora mi dispero, il mio corpo si ammala, l’eutimia si dissolve come un cielo nuvoloso al soffio di un vento impetuoso. Se qualcuno non ci ama non possiamo assillarlo, otterremmo il contrario. Le canzoni, come le poesie, sanno raccontare le nostre passioni del cuore: Magari, una nota canzone di Renato Zero, ci consola e quindi ci conduce a sperare che l’altro possa, un giorno, contraccambiare il nostro amore. La speranza è un’attesa, la sola a cui possiamo aggrapparci, ma non dobbiamo abbandonarci al nostro sogno irrealizzabile. Zero e le sue canzoni sono medicina dell’anima, luce sull’ombra della tristezza per spazzare via il pessimismo e al contempo drammatizzazione di una sofferenza che è bene superare. 






Non esiste alcuna certezza di essere un giorno ricambiati, ma ora lui ci ha prepararti alla pazienza. La canzone narra di un innamorato disposto ad attendere “Magari toccasse a me, ho esperienze e capacità, trasformista per vocazione: per non morire, che non si fa... Puoi fidarti a lasciarmi il cuore nessun dolore lo sfiorirà…” queste sue parole descrivono in pochi versi il canto di dolore di un innamorato che vuole essere ricambiato. “Magari toccasse a me un po' di quella felicità... magari. Saprò aspettare te domani, e poi domani, e poi... domani”, la sua lunga attesa diventa la nostra e in un connubio di emozioni comuni percepiamo il beneficio della condivisione. E poi nasce la consapevolezza che Non c’è nulla che mi spaventi tranne competere con l’amore: il nostro unico contendente è l’amore stesso, siamo impotenti di fronte alla forza cosmica di Eros. La canzone si chiude con una domanda ripetuta: “Mi ami”? E una risposta, data a se stesso, nell’attesa titubante di uno struggente: “Magari!”. Le lacrime scendono, il nostro animo è ripulito, abbiamo offerto una preghiera sacrificale all’altare del dio alato: chi ama non vuole smettere di sperare, ma allo stesso tempo non può farlo per sempre: Renato, con il suo messaggio catartico ci costringe a fare luce dentro di noi, è come se ci invitasse a non cullare un eterno sogno irrealizzabile.

Maria Giovanna Farina





martedì 5 febbraio 2019

Delitto del potere perduto



Immagine: particolare opera di Paola Giordano, Sun Flower, 70x50, tecnica mista su carta

La cronaca ci informa, quando parla del femminicidio, che si tratta di un delitto passionale: una definizione che ci appare poco convincente, soprattutto sembra non rendere giustizia alla vittima. Che cos'è la passione? Cosa significa il termine passione se lo leghiamo all'amore? E in che relazione sta con la gelosia? Il termine passione deriva dal latino passus, participio passato di pati che vuol dire patire, soffrire. Il termine passione contrapponendosi ad azione è un verbo che rimanda a qualcosa che si subisce, quindi il delitto passionale nasce dalla sofferenza e dal desiderio di allontanarla da sé togliendo la vita a chi la provoca.
Il vero amore è però rivelazione, ammirazione e fusione con qualcosa che ci trascende e che ci dona una nuova visione del mondo. Solo l'amore totale, il grande amore erotico, ci sa condurre all'assoluto, consegnandoci il terrore della perdita e allo stesso tempo una felicità totale e unica, direi quasi divina. 
Un simile amore è passionale perché scatena il sublime e là dove c'è l'assoluto vive anche l'incontro con il dolore, il dolore che è terrore di perdere la felicità, ma nonostante ciò chi ama veramente non può mai giungere ad uccidere perché, quel amore totale ed assoluto che muove solo passioni vitali, non ha nulla a che fare con l'uccisione della donna: chi uccide lo fa perché vede vacillare il potere su di lei. Lo fa perché è geloso, si dice, sì, è vero, è vittima di una forma di gelosia che è espressione di quel potere che viene meno. Lei vuole essere libera, l'amore è libertà, lui nega la possibilità che la sua donna sia libera di lasciarlo perché è geloso di quell'indipendenza che lei sta riconquistando e non perché la ama. E se è vero per certi versi che in questa situazione il termine passione è pertinente anche se nella sua accezione negativa, dobbiamo, per giustizia verso le vittime e per ovviare ad ogni possibile confusione, riformulare con “Delitto del potere perduto”. (Concetto ripreso in Ho messo le ali, ed. Rupe Mutevole)

Maria Giovanna Farina ©Riproduzione riservata

sabato 2 febbraio 2019

Fuga dalla violenza

Acrilico su tela di Flavio Lappo

E' accaduto qualche tempo. Un ragazzo di diciassette anni massacra la fidanza di sedici e poi sostiene di averla dovuta uccidere perché lei era intenzionata a sterminare la sua famiglia rea di ostacolare la loro relazione. È descritto come violento, figlio di un padre violento e costretto ad alcuni TSO (trattamento sanitario obbligatorio). È un caso che ci lascia attoniti per la giovane età di entrambi. La ragazza subiva anche la violenza delle botte e un suo post su Facebook, scritto due settimane prima di essere uccisa, ci mostra come avesse una chiara cognizione di cosa fosse l’amore: Non è amore se ti fa male. Non è amore se ti controlla. Non è amore se ti fa paura di essere ciò che sei. Non è amore se ti picchia. Non è amore se ti umilia…”
Nonostante la consapevolezza, la sua condizione di dipendenza emotiva non le ha permesso di fuggire da quello che è definito un fidanzatino invece è stato solo un giovane persecutore. Non sappiamo fino a che punto la sedicenne fosse pienamente consapevole ma le sue parole, che oggi suonano come una non tanto velata richiesta di aiuto, ci danno la certezza del suo coraggio. Non le è mancata la consapevolezza, le è mancato l’aiuto della famiglia, degli amici della società che deve fermare i violenti. Questa società è ancora ipnotizzata dalla parola amore. Basta dire che l’amava e tutto è giustificato. La ragazza invece sapeva che non era amore, ma dominio, violenza, sadismo, vendetta e malvagità. Sono stati gli adulti a non capire. E la polizia, i magistrati, tutti quelli che avrebbero dovuto aiutare e intervenire. Non si uccide per amore. Nel momento in cui uccidi, odi.
Cosa dire alle ragazze fin dall’infanzia? Se il tuo ragazzo, il tuo fidanzato ti maltratta è d’obbligo fuggire immediatamente: e se è violento nella fase dell’innamoramento in cui tutto dovrebbe essere bellissimo, dove dovresti vivere in una bolla protetta, chiedi aiuto ai tuoi famigliari. I tutori dell’ordine hanno il dovere di intervenire esattamente come si fa nel caso dei bambini perseguitati.
Maria Giovanna Farina


venerdì 1 febbraio 2019

Lo spogliarello


Lo spogliarello è un'arte che può diventare una professione come viene rappresentato nel celebre film “Striptease” interpretato da Demi Moore.
Nella coppia che si ama diventa invece un gioco dove la donna esercita il potere della seduzione; altra cosa è lo striptease maschile che è più un tentativo mal riuscito di cercare la parità tra i generi. Quando una donna si spoglia per attrarre il proprio uomo è pienamente consapevole di compiere un gesto che tiene in vita, nutrendolo, l'erotismo e allora si lancia in movenze che lo fanno impazzire. Quel lento sapiente ancheggiare e danzare con cui si libera degli indumenti, realizzati con stoffe che lasciano intravedere la nudità senza mostrarla chiaramente, mette in scena una componente fondamentale dell'eccitazione sessuale: l'attesa. L'attesa è un tempo dell'amore che fa crescere il desiderio: mentre gli abiti cadono uno dopo l'altro, la brama di possedere la propria donna cresce, e più si indugia nello spettacolo più la voglia si fa esplosiva. Durante una simile esibizione privata, tutti gli occhi di lui sono su di lei, sul suo corpo ma anche sul suo volto che esprime il desiderio di essere amata e per il maschio ciò è uno stimolo irresistibile. Allo stesso tempo lui è soggiogato dal potere femminile, è innegabile che lei lo tenga in pugno attraendolo a sé e, oltre al gioco erotico stimolante per entrambi, la donna in quel momento sta esercitando il potere di far cadere lui ai suoi piedi. È un dolce potere, è la potenza di tenerlo in pugno, di condurlo a sé quasi adescandolo con una danza senza freni che si fa orgiastica. Naturalmente tutto ciò agisce ad un livello di scarsa consapevolezza perché mentre va in scena lo strip la coppia lo vive come un appagante momento erotico senza pensare, è un momento che abbandona la razionalità. Nel film “Nove settimane e mezzo” tutto questo viene abilmente rappresentato dalla bravissima Kim Basinger, la sua interpretazione è un modello a cui rifarsi per comprendere fino in fondo il tipo di situazione su cui sto argomentando.
Non scordiamo che ciò che più di tutto accende il desiderio nel maschio è lo spogliarello rubato, quello di una donna che vive dall'altro lato della strada e che si spoglia, si fa la doccia, si spalma la crema senza sapere che occhi indiscreti la stanno spiando dalla finestra di fronte, a volte lo sa e ciò la eccita. In questo caso c'è per lui libertà assoluta di fantasticare che si oppone al potere della seduzione a cui però quasi tutti i maschi amano sottomettersi. Perché è un potere che fa bene all'amore.
Maria Giovanna Farina©Riproduzione riservata