venerdì 30 novembre 2012


Cos’è la compassione? Lettera ad un'amica
Di Annalisa Barbier

Orchidea erotica, acrilico di Daniela Lorusso


Il termine compassione deriva dal latino: [cum] insieme [patior] soffro. La sua radice semantica è quindi portatrice di un significato ampio e positivo: la compassione è la partecipazione sincera ed amorevole alle sofferenze dell’altro, e non va confusa con la pena, sentimento quest’ultimo che viene “concesso” dall’alto verso il basso, portando con sé un giudizio di valore che si realizza in termini negativi nei confronti di colui che di tale pena è fatto oggetto.
Il Buddhismo  fa di questo concetto uno dei capisaldi del suo apparato filosofico: per il buddisti la compassione è il sentimento profondo che porta a desiderare il bene per ogni essere senziente. Nasce dalla consapevolezza che tutti gli esseri viventi sono in questo mondo uniti, interdipendenti, continui e contigui.
Nella sua accezione più ampia, la compassione è la scorciatoia verso l’altro, verso la sua intimità, la sua anima e le sue profondità remote: quei luoghi in cui nessuno è diverso dall’altro. In questo senso, la compassione rappresenta il sentimento salvifico e definitivo che ci distingue dall’animale, la possibilità ultima per una comunione autentica che non sia solo di sofferenza ma anche di gioia ed entusiasmo.
Mi piace ricordare la frase di Paul C. Roud, secondo il quale: “Compassione e pietà sono assai differenti. Mentre la compassione riflette l’anelito del cuore a immedesimarsi e soffrire con l’altro, la pietà è una serie controllata di pensieri intesi ad assicurarci il distacco da chi soffre”.
E’ interessante notare come, dalla considerazione delle sofferenze altrui, originino due sentimenti così profondamente simili nella modalità dell’espressione e così drammaticamente diversi nella finalità ultima: la compassione ci vuole avvicinare senza paura all’altro in quanto nostra immagine riflessa. La pietà ce ne vuole distanziare, vuole esorcizzare l’orrore della sofferenza, che nell’altro è tanto reale da temerne il contagio.
Forse  - mi dico – è proprio questo l’elemento differenziante in grado di giustificare uno strano fenomeno nel quale spesso ci si imbatte: la compassione che cede il posto alla pietà. Il caldo conforto di un abbraccio che cede il posto al gelo dello spavento.
Mi spiego meglio. E’ facile provare sentimenti di partecipazione affettuosa e viscerale nei confronti dei meno fortunati, di quelli che  - loro malgrado –  sono divenuti portatori della valenza meno bella della vita con il loro carico di dolore, abbandono, miseria, malattia, morte, solitudine: in questo caso la distanza sociale, geografica, culturale è il cuscinetto che permette una partecipazione politically correct, ostentata e “ammortizzata”. Meno facile è comprendere e condividere le ragioni del disagio quando questo si fa meno evidente, meno plateale, in qualche modo troppo vicino al contesto di vita dell’osservatore: è più facile compatire il barbone all’angolo della strada che il collega depresso, la moglie che tradisce, la solitudine che cresce nella vita apparentemente “normale” di ogni giorno,  e addolora e consuma.
Forse è per questo, cara Paola, che accade ciò che avevi notato: si compatisce facilmente ed ostentatamente chi soffre a distanza da noi (una distanza fisica o astratta, rassicurante) e si fatica a provare una vera, profonda pietà per chi ci soffre accanto di pene più quotidiane.
La paura, credo, sia la differenza: paura che la compassione ci avvicini troppo e pericolosamente allo stesso destino di dolore, come un oscuro ponte silenzioso.
Ma è soltanto la mia riflessione minima e mi piace pensare, come scrisse Pino Caruso, di poter esprimere pensieri che non condivido…










Annalisa Barbier, psicologa www.annalisabarbier.com

martedì 27 novembre 2012

L’amore e il tradimento


L’amore e il tradimento

di Domenico Bumbaca

Orchidea erotica, acrilico di Daniela Lorusso

Sul tradimento si è scritto sin dalla notte dei tempi, segno evidente che c’è sempre stato anche se nessuno lo tollera. Secondo il notissimo rapporto Kinsey pubblicato nel 1940, pare che un marito su 2 comincia la sua relazione adulterina prima dei 40 anni (quindi il 50%) mentre per le donne la percentuale sarebbe del 26%.
L’esperienza del tradimento e del lutto può svolgere una funzione trasformativa, se riusciamo a elaborarne il vissuto.
Aldo Carotenuto, Amare tradire, 1991
Farà parte del processo evolutivo? Potrebbe essere un ottimo spunto per uno studio approfondito che lasciamo volentieri alla ricerca. Sembrerebbe tuttavia che il tutto ebbe inizio con la scoperta che nella riproduzione il ruolo del maschio era fondamentale. Com'è noto l’uomo scoprì questa connessione tardissimo. Fino ad allora i figli erano della madre e l’uomo non aveva nessun potere sui figli della donna. Inoltre la gelosia non era ammessa perché non funzionale alla pace e all'armonia della vita della caverna. La donna poteva scegliere di concedersi ai piaceri con chiunque (idem per l’uomo). Le cose cambiarono quando si scoprì che lo sperma era determinante per la riproduzione, l’uomo acquistò nuovo potere  e reclamò il diritto di essere padre dei sui figli. Da allora il tradimento non era più ammesso, perché  andando con un altro uomo, la donna rischiava di essere fecondata e questo avrebbe creato squilibri nel clan di appartenenza.
Il tradimento presuppone che ci sia stato, in primis,  un avvicinamento emotivo tra due soggetti che desiderano una relazione intima, e possibilmente prolungata nel tempo.  Oggi si pone maggiormente l’attenzione sulla costruzione di legami stabili basati sul mutuo sostegno, il rispetto e la comprensione. Dopo l’innamoramento lo sconosciuto entra nel nostro spazio vitale più intimo; a volte ciò crea l’illusione di conoscere la persona amata come noi stessi dimenticando  che a volte è già difficile conoscere bene se stessi. Il fatto di provare una forte ’attrazione sessuale, crea l’illusione di aver finalmente trovato ristoro alle proprie ricerche. Ma, quante volte il desiderio sessuale è solo fine a se stesso? Quante volte si confonde la gioia della passione per amore; quante volte in realtà siamo mossi dal bisogno di dare sollievo alla propria solitudine, oppure al  desiderio di conquistare, o di essere conquistati se non, al polo opposto a sentimenti di vendetta? Insomma, il legame di coppia è uno dei legami più antichi dell’umanità, così come pure il tradimento perché si ha l’illusione della fusione completa e il patto che si stabilisce (ti amerò per sempre …) spesso, molto, troppo spesso si rompe tradendo così l’impegno preso.
Ma, se scoperti, mentire, è utile? Proviamo a dare un ‘occhio’ a questo aspetto da differenti prospettive (traditore e tradito) senza avere la pretesta della esaustività.
Se una donna non tradisce, è perché non le conviene.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, 1935/50 (postumo 1952)
Colui che tradisce mente perché vorrebbe  ‘proteggere’ l’altro dai particolari che inevitabilmente farebbero soffrire. Insomma si appella al diritto di evitare inutili sofferenze. Ovviamente anche a se stesso; la situazione è già così ‘carica’ che si preferisce alleggerirla.
Il tradito invece pensa ben altro. Intanto sul lato emozionale c’è rabbia, tristezza, vergogna, impotenza, aggressività, autocommiserazione, calo della stima, senso di disgusto, etc. Dai più viene viene vissuta come il tentativo del partner di proteggere il terzo e quindi come volontà a mantenere e prolungare lo stato di tradimento.
Come dicevo, prospettive diverse.
La coppia e’ un insieme di tre persone di cui una e’ temporaneamente assente. (David Riondino)
Perché si tradisce
Si tradisce perché nella coppia c’è incomunicabilità (o noia?); ma anche per evitare l’intimità (resistenze?) e allora si preferisce fare la guerra per non sembrare vulnerabili;  per colmare il vuoto esistenziale o per recuperare ciò che si è perso in una relazione coniugale fittizia, cioè creata senza grandi emozioni ma per uniformità sociale. Senza dimenticare che potrebbe essere anche un modo (un po’ estremo) per richiamare l’attenzione sul fatto che qualcosa si è rotto, forse non definitivamente. In questo caso, spesso inconsciamente si lasciano tracce utili per far emergere il tradimento. Un’altra forma di infedeltà è quella contro se stessi, quando, anche se infelici, si preferisce restare forzatamente in coppia si tradisce il patto con se stessi.
Secondo le statistiche le donne tradiscono perché insoddisfatte dal matrimonio e perché si innamorano cercando e trovando un coinvolgimento emotivo mentre gli uomini al contrario, l’associano più al piacere e il tradire spesso viaggia su due linee, spesso  parallele: l’amore per la moglie e il sesso con l’amante. In entrambe le situazioni si è condannati a vivere parzialmente le singole situazioni venendo meno al piacere della compiutezza, della relazione totalizzante.
Coloro che non sono fedeli conoscono i piaceri dell’amore; coloro che sono fedeli ne conoscono le tragedie. (Oscar Wilde)
Se ne esce?
Certo, purché la coppia si ami ancora e lo desideri. Il percorso terapeutico si basa sull'instaurazione di una comunicazione autentica, l’unica in grado di chiarire cosa non funziona. Il tradimento è doloroso ma potrebbe diventare una opportunità per accogliere il cambiamento dell’altro come una sfida a modificarsi profondamente e a mutare la relazione.

Domenico Bumbaca, psicologo  www.studiobumbaca.it

giovedì 15 novembre 2012

Sospiri e desideri


ATTESI   DESIDERI
Schizzo di Roberto Rossi


Sospiri
che rincorrono
attesi desideri.
Desideri
nascosti nelle pieghe
della psiche
che riemergono
per tramutarsi
in sguardi di speranze
intime.
Sguardi
che percorrono
sensuali linee corporee
che donano piacere.
Piacere
cercato
per fluttuare
dentro universi unici.
Universi
che avvolgono
intime emozioni.
Emozioni
che accarezzano
la Vita
donando Piacere.


Tutti i diritti riservati





Pittore e poeta Roberto Rossi
Ambasciatore di Pace UPF – ONU  - www.robyarte.it 
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domenica 11 novembre 2012

Pornografia ed erotismo: quali differenze?


Vite pornografiche

 

di Federico Sollazzo dal suo blog CriticaMente     

Innanzi tutto dobbiamo intenderci con i termini: cosa significa pornografia? A partire dalla sua etimologia (pòrné, prostituta e graphia, scrittura), la possiamo intendere come un qualsiasi tipo di produzione destinata a suscitare una risposta di carattere sessuale. In quest'ottica non esiste allora nessuna diversità fra una pornografia soft ed una hard (entrambe puntano unicamente a stimolare gli istinti sessuali), la differenza sostanziale risiede invece tra la pornografia tout court e l'erotismo; infatti, mentre la prima ha il suo scopo nella sollecitazione sessuale, il secondo usa gli stimoli sessuali per tendere ad un fine connesso ma esterno alla sessualità stessa.      
Ora, la pornografia, così come sopra è stata sommariamente descritta, è un qualcosa di positivo o di negativo? Per rispondere si devono prendere in considerazione i rapporti umani emergenti dalle rappresentazioni pornografiche: in esse il contenuto si esaurisce nella messa in mostra di zone e/o di atti sessuali, indipendentemente dall'identità delle persone coinvolte; lo spettatore assiste allora ad uno spettacolo svolto da persone prive di carattere, di personalità, di pensiero, ovvero, da oggetti, cose, con il rischio (per le menti più labili) di supporre che quelli siano dei veri e propri rapporti umani.    
Ma allora come possono essere fondati, in ambito sessuale, degli autentici rapporti umani? E' necessario tenere un atteggiamento di austera seriosità e/o di astensione? No, è però necessario riconoscere l'identità del nostro partner, ossia riconoscerlo come essere umano, diverso da me, ma a me simile, dotato quindi anch'egli di idee, di una personalità, di un suo proprio stile di vita.







Federico Sollazzo, ricercatore e docente University of Szeged – Dipartimento di Filosofia



venerdì 9 novembre 2012

Amore mio


Amore mio
poesia di Federica Ferretti

Il ponte sull'infinito, acquarello di Daniela Lorusso


..amore mio,
ora che la terra ti riveste di petali di autunno,
ora che la terra vibra sul tuo cuore freddo,
ora che le mie labbra sulle tue non sono più capaci di risvegliarti al mattino,
io ti avvolgo con un pensiero che non riesce ancora a stemperarsi...
A distrarsi dalle tue dita affusolate sul mio tenero collo, ...
e ti sogno
e tu mi abbracci
e poi svanisci ancora...



Federica Ferretti, giornalista e scrittrice http://www.fanpage.it/federica-ferretti/
Hanno collaborato gli artisti Davide Foschi e Roberto Beldomenico

Trama de Il canto del Cigno Rosso: "È antica credenza, ci racconta Platone, che il cigno muto per l’incapacità di emettere suoni, appena prima di morire fosse invece capace di intonare una struggente e bellissima canzone. Ma c’è una discrepanza di opinioni circa il reale significato del canto: dolore o gioia?..."
Nel libro una giovane donna, Elisa, si racconta dentro ad una serie di lettere scritte a posteriori, nel riassaporare ciò che è stato, e che forse, non potrà più essere, e da cui nasce una prosa "anomala", sciorinata così, quasi come una serie infinita di riflessioni su cui, in fondo, ognuno si ferma ogni giorno: un miscuglio tra sfogo reale e poetica speranza; lucidità e follia. Allora, si crea una sorta di piacevole coincidenza, con l'"angolo" in cui ognuno, a sera, si butta a riposare… mentre, fuori, il tempo cambia, inesorabile, di stagione in stagione. Elisa, infatti, non è altro che la proiezione del nostro Ego, delle nostre emozioni più pure e semplici, dal senso di vuoto generato dall'incomunicabilità e abbandono, all'infantile entusiasmo per un'inattesa riconciliazione: a confine tra preghiera e testamento sentimentale.
L'autrice, Federica Ferretti, nasce a Teramo, 35 anni fa: Federica Ferretti è laureata in Scienze Politiche e Discipline Musicali, ama la contaminazione tra i linguaggi, per scoprire le mille sfaccettature della vita. Direttore Editoriale di Echi da Internet, e della nuova collana Radici, la letteratura Abruzzese, presso la medesima Rupe Mutevole, promuove una letteratura del tutto spontanea, viva, dinamica, specchio della cultura multimediale sempre più diffusa, per dare inizio ad una nuova era letteraria che però vuole conservare intatto il suo legame con le proprie Radici Culturali.



giovedì 1 novembre 2012

Amori e rimpianti: un problema femminile?


Amori e rimpianti: un problema femminile?

di Maria Giovanna Farina
Ricordi, acquarello di Daniela Lorusso


Domande per i lettori del blog: Che cosa è il rimpianto? Si può vivere di ricordi? Si può ricongiungersi con un amore del passato?
Gli amori non vissuti: quelli di cui non sappiamo più nulla o di cui non conserviamo nemmeno un’ombra del loro volto nei nostri ricordi, ma che in qualche modo non riusciamo a dimenticare. Sono quelle persone che hanno toccato la parte più intima di noi, sono straordinari incontri che hanno saputo catturare la mente, il cuore e l’anima: non possiamo e non vogliamo dimenticare. A volte questi incontri sono brevi momenti di contatto dove si sono scambiate poche parole, pochi gesti, eppure ci hanno catturati. Non associamo subito e soltanto questo discorso agli amori a prima vista che ci son capitati e forse ci accadranno ancora, anche perché queste sono circostanze non sempre fortunate: Eros potrebbe lanciare i suoi dardi anche quando l’incontro non è adatto o poco conforme alle nostre aspettative del momento. L’amore a volte non è cosa buona e molti lo avranno sperimentato, basti pensare alla frase: ”Ti ho incontrato nel momento sbagliato”. Ma ci sono casi in cui qualcuno ci ha lasciato un’impronta nell'anima  può essere che non abbiamo neppure avuto il tempo di vivere un'emozione insieme, addirittura che non ci siamo neppure sfiorati con un dito. Poi quando siamo soli con noi stessi il ricordo affiora e a volte avvertiamo quel senso di inquietudine: “Devo fare qualcosa…lo devo rivedere”, se ciò è ancora possibile basta una ricerca….Se nulla è più realizzabile, ci assale il senso di impotenza accompagnato dall'amara consapevolezza che quell'incontro rimarrà eternamente nel non vissuto. Non sappiamo cosa fare, siamo fermi nella condizione di chi non può che arrendersi, ma non è facile accettare la resa quando un incontro ha lasciato una sensazione forte. Spesso su queste sensazioni ci si costruisce un castello e ci si perde a sognare, ma può rivelarsi un sogno amaro: il sogno di chi pensa di aver perso una buona occasione. Alcune telenovelas di successo ricalcano l'onda del rimpianto e dell'amore impossibile. È dunque un'abitudine femminile? O anche i maschi ne sono “vittime”? Non è detto che si sia perso qualcosa di buono, ma finché non lo si comprende fino in fondo rimane il dubbio. Parliamone, dunque, con chi è in grado di ascoltarci: durante la consulenza filosofica è capitato che qualcuno, grazie al dialogo, abbia compreso cosa stava davvero cercando. Certi ricordi a volte ci procurano un senso di infelicità, si impongono perché forse siamo infelici e inappagati, ma se viviamo con qualcuno che amiamo e che ci completa il rimpianto si supera. Allora possiamo parlare, dialogare, sulle nostre nostalgie sentimentali per dare il giusto posto agli amori non vissuti.


Tutti i diritti riservati


Maria Giovanna Farina, filosofa e consulente filosofico