Un brano della lunga lettera che Marco scrive
per Leda e che lei scopre per caso…tratta da Dimmi che mi ami, Silele
...Tu, mia cara e dolce Leda, mia piccola Dada, nonostante non fossi il
mio tipo, almeno questo era ciò che all’inizio pensavo, avevi sviluppato in me
la capacità di andare oltre, di vedere dentro di te, di scrutare e di rimanere
estasiato da quanto c’era sotto le sembianze di una ragazza un po’ strampalata,
dall’aria casereccia: la bellezza di una grande nobiltà d’animo. Eri riuscita a
conquistarmi, scintilla erotica a parte, con sguardi intensi e ricchi di poesia
e come un abile pescatore mi avevi catturato con la tua paziente rete a maglie
via via sempre più fitte. In fin dei conti non mi dispiacque affatto l’essere
finito nella tua ragnatela anche se ancora non me la sentivo di pronunciare il
fatidico “ti amo”, c’erano troppi interrogativi senza risposta e dirtelo era
per me più significativo e soprattutto più impegnativo dell’averti portata a
letto. Averti? Siamo seri, apparentemente sì ti ho portato io, ma me lo hai
fatto credere per non ferire il mio orgoglio di maschio: in realtà siete
sempre voi, le donne, ad essere le artefici di nascita e morte di ogni sogno
d’amore. Averti incontrata, conosciuta e amata mi ha insegnato, nel caso non lo
avessi ancora sufficientemente imparato, a non dare più nulla per certo. Chi
l’avrebbe mai detto che un giorno mi sarei innamorato di una piccola e
paffutella casereccia? Credo nessuno di quanti mi conoscono, io compreso che
forse ora, grazie anche a te, mi conosco un po’ di più.
Maria Giovanna Farina
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